Design thinking: nuova mentalità, nuovo paradigma, risultati migliori

Come risolvere problemi con creatività focalizzandosi sulle persone

 

Il Design Thinking è un approccio all’innovazione incentrato sugli esseri umani, che attinge agli strumenti dei designer per integrare i bisogni delle persone, le possibilità della tecnologia e i requisiti di successo di business

 

                                                                                                Tim Brown, ideatore del Design Thinking 

 

Chi ha inventato il design thinking

 

Tradizionalmente la parola “design” è associata allo sviluppo di servizi e prodotti destinati al mercato secondo canoni legati all’estetica e alla promozione di uno specifico brand. Negli ultimi decenni invece questo termine ha assunto una connotazione diversa, connessa a metodologie di progettazione che hanno come punto di partenza le persone e i loro bisogni.  

 

Più precisamente, il termine Design Thinking, che approfondiremo nel dettaglio con i prossimi paragrafi, è stato coniato all’inizio degli anni 90 da David Kelley e Tim Brown, professori della Stanford University ed ideatori di IDEO, società di innovazione e progettazione che ha portato alla diffusione di questo nuovo strumento di lavoro, in particolar modo nel settore del non profit. 

 

Come funziona il design thinking?

 

Il Design Thinking è una procedura iterativa che parte dalla formulazione del problema e porta fino alla sua soluzione attraverso un metodo diviso in fasi da affrontare all’interno di un gruppo di lavoro. L’obiettivo è giungere a soluzioni innovative ed efficaci, condivise tra gli stakeholder, che riescano a creare benessere per i beneficiari. 

 

Per utilizzare il Design Thinking, il punto di partenza è capire l’approccio che sta alla base di questa metodologia, ovvero il “double diamond” (“doppio diamante”), il quale porta il team a lavorare per divergenza e convergenza. Il pensiero divergente permette di allargare la prospettiva e prendere in considerazione nuovi scenari e prospettive, senza filtri; mentre il pensiero convergente porta ad analizzare in maniera critica e selezionare le idee emerse nella fase precedente. Questo processo consente di esplorare il problema per poi arrivare ad una soluzione facendo riflettere sul nostro modo di pensare, sulle nostre azioni, sui nostri atteggiamenti, decostruendo preconcetti e visioni già strutturate. 

 

Una volta compreso il funzionamento del doppio diamante, un ulteriore elemento che bisogna avere chiaro quando si adottano gli strumenti del Design Thinking è che le soluzioni si trovano solamente se si tiene conto di tre pilastri fondamentali: 

 

1) desiderabilità: qualsiasi decisione venga presa bisogna mettere sempre al centro i bisogni e le emozioni delle persone;

2) sostenibilità: la soluzione deve essere economicamente sostenibile; 

3) fattibilità: la soluzione deve essere realizzabile. 

Per raggiungere una conclusione innovativa e di successo, ogni percorso di Design Thinking deve essere guidato da questi tre elementi.

 

 

Quali sono le fasi consequenziali e corrette per applicare il Design Thinking?

 

Prendendo spunto dallo studio elaborato dall’Hasso-Plattner-Institute of Design della Stanford University, all’interno della metodologia del “double diamond”, si possono individuare cinque fasi principali che caratterizzano il processo del Design Thinking: empatizzare, definire, ideare, prototipare e testare.

 

  • Empatizzare (fase divergente)

Questa prima fase serve per conoscere i beneficiari e comprenderne i bisogni, desideri e comportamenti. Si tratta di un momento di osservazione necessario per costruire un sentimento di empatia. 

 

  • Definire il problema (fase convergente)

Una volta raccolte le informazioni elencate precedentemente, si traccia il problema, ovvero gli ostacoli e le difficoltà che il beneficiario deve affrontare e che il team si propone di risolvere. 

 

  • Ideare (fase divergente)

È arrivato il momento di pensare alle soluzioni. Dopo aver individuato chiaramente il problema e gli utenti, in questa fase si lascia libero sfogo alla creatività per progettare possibili soluzioni. 

 

  • Prototipare (fase convergente)

Durante questo penultimo step si prova ad implementare una versione ridotta del prodotto di alcune delle soluzioni ideate al fine di evidenziare eventuali problemi di realizzazione. Le soluzioni possono dunque essere scartare, migliorate o confermate a seconda di quello che emerge. 

 

  • Testare

Le soluzioni vengono finalmente testate sui beneficiari. I risultati che si otterranno da questo passaggio saranno fondamentali per capire se mettere fine al processo di Design Thinking o se c’è bisogno di tornare a passaggio precedenti del processo. 

 

Nel procedere secondo le fasi appena elencate, una cosa importante da tenere sempre a mente è che i passaggi non sono da considerarsi uno schema rigido. Nel Design Thinking bisogna infatti adattare i modelli con flessibilità in base a diversi fattori tra cui circostanze, composizione del team ed obiettivi. Secondo questo schema le fasi possono essere riprese e ripetute fino ad arrivare alla soluzione. 

L’unico elemento che deve rimanere al centro di tutto, in ogni fase, è la persona; questo aspetto non deve essere dimenticato. 

 

Il team perfetto per un progetto di Design Thinking

 

Per utilizzare al meglio il Design Thinking un elemento a cui bisogna attribuire valore è la creazione del team. Prima di tutto, è fondamentale creare un ambiente di progettazione in cui ogni persona si senta libera di apprendere e creare, senza costrizioni o pregiudizi. In secondo luogo, è essenziale dare importanza all’eterogeneità. Più il team comprenderà persone di età, genere, formazione e competenze diverse, maggiore sarà la possibilità di trovare prospettive e soluzioni nuove. 

 

Perché utilizzare il design thinking nella progettazione sociale?

 

Il Design Thinking è di grande aiuto nella progettazione sociale perché sviluppa nuovi punti di vista, crea consapevolezza rispetto ai problemi esistenti e permette di identificare in modo chiaro chi sono i beneficiari di un progetto o di un servizio. È possibile analizzare un determinato problema o bisogno attraverso una prospettiva differente sviluppando consapevolezza dei processi e creando una maggiore empatia verso i beneficiari, andando a rispondere alle loro reali (e diverse) necessità.  

 

Design thinking - esempio pratico per la progettazione sociale

 

Per fare un esempio concreto di come abbiamo usato alcuni strumenti del Design Thinking, vi raccontiamo il laboratorio di progettazione che abbiamo realizzato nell’ambito del bando Intrecci Possibili 2021 - un volontariato che educa. Il bando è rivolto agli enti di terzo settore della Provincia di Trento e nel 2021 ha avuto come obiettivo di sostenere il ruolo attivo del volontariato, stimolando la realizzazione di iniziative di comunità rivolte ai giovani. Per poter presentare un progetto, il bando prevede la partecipazione ad un laboratorio di progettazione, a seguito di una manifestazione di interesse, la quale viene espressa attraverso la consegna di una bozza di idea progettuale. Sulla base delle idee presentate, lo scopo del laboratorio è aiutare i partecipanti ad utilizzare nuove metodologie di progettazione in modo da provare a realizzare progetti maggiormente innovativi ed incentrati sui reali bisogni dei beneficiari. 

 

E quale metodologia migliore se non il Design Thinking per fare tutto ciò?

 

All’incontro hanno partecipato 20 rappresentanti di associazioni e organizzazioni del territorio e abbiamo deciso di dividerli in quattro gruppi di lavoro sulla base dell’idea presentata all’interno del bando. Nel comporre i team abbiamo infatti deciso di dare importanza alla tematica centrale delle idee, mettendo insieme associazioni diverse ma con (possibili) progetti simili. I motivi di questa scelta sono stati due: da una parte si voleva permettere a enti differenti di lavorare insieme su una problematica comune; dall’altra si mirava a creare nuove reti e collaborazioni che potevano risultare cruciali per la realizzazione di progetti finali più innovativi e con un maggiore impatto. 

 

L’incontro è stato realizzato con l’aiuto di Guglielmo Apolloni, designer di Social Seed, il quale ha elaborato gli strumenti ed ha facilitato l’intero percorso. Avendo un tempo limitato (3 ore), abbiamo deciso di concentrarci maggiormente su tre aspetti: lo sviluppo dell’empatia con i destinatari dei progetti, la definizione della sfida (o problema) e l'identificazione di un’idea. Per affrontare il primo passaggio abbiamo utilizzato le Personas – argomento che sarà approfondito in uno dei prossimi articoli – strumento che aiuta ad identificarsi con una o più persone che rappresentano il pubblico del progetto con il fine di riconoscere che persone diverse hanno esigenze ed aspettative diverse. Per sviluppare alcune riflessioni sul problema è stato invece utilizzato un Canvas che ha permesso di individuare una sfida comune al gruppo di lavoro. Partendo da ciò, è stato poi chiesto al gruppo - sempre grazie all’utilizzo di strumenti di design - di aggiungere alla sfida elementi provenienti dalle idee presentate dal team nell’ambito del bando. Infine, si è cercato di convergere su un’idea comune che potesse essere effettivamente desiderabile, realizzabile e sostenibile.

 

 

 

Nonostante il laboratorio sia stato solo un assaggio di alcune fasi e processi che compongono il Design Thinking ha comunque permesso agli enti presenti di conoscere una nuova metodologia di progettazione, relazionarsi con realtà nuove, sviluppare idee e raccogliere nuovi spunti per la presentazione dei progetti. 

 

 

02/09/2021: Laboratorio di co-progettazione bando Intrecci Possibili 2021, Trento